Un crollo da 3,3 miliardi di euro di capitalizzazione di Borsa. Questo è il valore andato in fumo sui mercati a ieri sera, dopo la rivelazione delle indagini della Procura di Milano sulla scalata di Mps a Mediobanca. Anche ieri, il titolo di Siena ha perso in Piazza Affari il 3,7% a 7,62 euro. Mentre lo scorso mercoledì, ultima chiusura prima della rivelazione dell'inchiesta diffusa dal Corriere della Sera a mercati aperti, il titolo valeva 8,72 euro. Per gli azionisti si tratta di una perdita del 12,6% in pochi giorni e la cosa riguarda anche indirettamente i contribuenti, visto che il ministero dell'Economia è azionista con il 4,8 per cento.
Intanto, dopo la sorpresa, il Monte dei Paschi riunisce il consiglio d'amministrazione per affrontare la questione dell'avviso di garanzia ricevuto dall'amministratore delegato Luigi Lovaglio. Il board si terrà venerdì 5 nel pomeriggio e in quella sede il top manager dovrebbe riferire ai consiglieri la sua posizione dopo le intercettazioni che lo riguardano inserite nel decreto di perquisizione. Il banchiere ha incaricato per la sua difesa l'esperto penalista finanziario Giuseppe Iannaccone.
Gli inquirenti avrebbero acquisito quantità ingenti di materiale durante le perquisizioni, che ora andrà scandagliato nel dettaglio per cercare di avvalorare un impianto accusatorio che per il momento è infarcito di vicende già note e stranote. Difficile, però, che emergano nuovi elementi prima di qualche mese. In ambienti finanziari, si fa notare come l'aspetto più difficile da provare - e lo è sempre, non solo in questo caso - è l'esistenza di un concerto, vale a dire un patto occulto non dichiarato al mercato, tra gli azionisti di Mps Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin per scalare Piazzetta Cuccia senza incappare nell'obbligo di Opa totalitaria. Il loro interesse per il controllo di Mediobanca - e a cascata di Generali in ragione del 13,2% controllato dalla merchant bank milanese - è noto da diversi anni, fin da quanto l'imprenditore fondatore di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, era ancora in vita prima che gli succedesse alla guida della holding di famiglia il fido manager Francesco Milleri (iscritto al pari di Caltagirone nel registro degli indagati). Lo stesso si può dire di Caltagirone, che da socio delle Generali in passato ha sfidato l'attuale ceo Philippe Donnet appoggiando un candidato alternativo. Posizioni che puntavano alla luce del sole a una svolta ai vertici di Mediobanca, emerse peraltro sulle cronache di tutti i giornali. Data la palese convergenza di interessi tra i due azionisti, in molti non vedono il movente per la costituzione di un concerto. A maggior ragione dopo che gli inquirenti hanno escluso il ministero dell'Economia dall'oggetto delle indagini.
Sempre ieri, la Bce ha certificato che Mps ha requisiti patrimoniali superiori (16,9% contro il 9,01% sul Cet 1) a quelli richiesti.

