Una volta c'erano D'Annunzio, Pound, Marinetti, Evola e Celine. Al massimo ci poteva stare Codreanu e il suo fascismo mistico, più imparentato con la falange spagnola e le Croci frecciate ungheresi che con l'originale italiano. Divagazioni. Oggi il Pantheon di FdI è affollato che più non si può. Siamo al politeismo più sfrenato, come nemmeno gli ebrei quando si fabbricarono il vitello d'oro. In ordine sparso, ma per difetto: Salvo D'Acquisto, Cyrano de Bergerac, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uno spiazzante ma non sorprendente Pier Paolo Pasolini, con scandalo dei benpensanti di sinistra, e via elencando Tex e Alan Ford, nobilitati con i loro fumetti, Cristoforo Colombo, don Bosco e Santa Caterina, Dante, Guglielmo Marconi, Oriana Fallaci e Maria Montessori, Marco Polo, Maria Callas e Eleonora Duse. C'è gloria per tutti e si può proseguire con i cantautori, come Francesco Guccini e Francesco De Gregori. Qualcuno ironizza: dalle catacombe alle Feste dell'Unità. Con l'eccezione, almeno per ora, degli Intillimani. È la realtà due punto zero di un partito che prima era una nicchia e oggi assomiglia ad una sorta di movimento nazionale. Allargare, includere, assimilare e, qualche volta, dissimulare. D'accordo, le radici sono orgoglio ma anche un orizzonte stretto. Forse il metro di misura è quello dei grandi italiani che hanno fatto il Paese: Marconi, l'inventore della radio, e il padre Dante, a sua volta coraggiosamente arruolato da Gennaro Sangiuliano nella destra. Siamo all'album componibile, come le cucine di una volta. Ciascuno prende quello che vuole e si costruisce il suo altarino. Bettino Craxi aveva provato a sostituire Lenin con Garibaldi e la Rivoluzione d'ottobre con la spedizione dei Mille. Ma quello era il socialismo liberale. Questo è, con tutto il rispetto, il vestito di Arlecchino.

